“Clownterapia, il sorriso fa miracoli”. I nostri volontari si raccontano

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Qual è il miglior modo per guarire da una malattia? Seguire la cura giusta. Purtroppo la terapia perfetta non esiste perché la medicina stessa è “una scienza imperfetta” come afferma Patch Adams, il famoso medico statunitense riconosciuto come il fondatore della clownterapia. E infatti c’è chi sostiene che ogni cura diventa più efficace se è accompagnata da sorriso e divertimento.
 
Per molti una risata è l’antidoto a tutti i mali; ci avete mai provato? Se non lo avete fatto chiedete ai volontari di Antas che hanno scelto la clownterapia per aiutare i malati nel loro percorso di cura. La loro è una scelta complessa: per fare il clown negli ospedali o nelle case famiglia non bisogna essere dei “fenomeni da circo”, ma essere in grado di far sentire meglio la persona che in quel momento si ha di fronte. Si tratta di persone che soffrono e per entrare nel loro mondo non è fondamentale saper “gonfiare 20 palloncini tutti insieme” o “fare acrobazie spericolate”, ma percepire il loro stato d’animo ed avere una spiccata sensibilità per interagire con loro, in quel momento e nel modo più giusto. Insomma essere presenti e tentare di modificare in positivo eventuali emozioni negative legate alla situazione di disagio del momento.
 
La sfida non è certo quella di sentirsi all’altezza di un vero clown  ma quella di essere pronti ad accogliere tutte le emozioni che arrivano dal paziente. Ogni volta è un’emozione diversa e questo vale anche per i clown con più esperienza. Il segreto è sapere che dietro ogni porta che si apre c’è una storia nuova ed è con quella storia che bisogna costruire lo spettacolo. Basta credere in questo per dare vita ad un vero scambio di energie positive: attraverso un approccio empatico si entra in relazione con il paziente; solo così si lascerà trasportare in un territorio nuovo, fatto di gioia e umorismo. Il clown diventa la sua guida ed in quel momento ha una grande
responsabilità, ma spesso è proprio il volontario a ricevere di più di quello che dà.
 
Infatti, dopo ogni servizio, c’è il momento della condivisione in cui ogni clown tira fuori, a sua volta, tutte le sensazioni che ha provato e le mette a disposizione degli altri volontari. Si tratta di un momento insostituibile, perché solo allora si riescono a far emergere le reazioni di pancia all’esperienza vissuta ed è possibile cogliere elementi sempre nuovi ed utili alla clownterapia.
 
Ad esempio Cristiano scrive “un percorso che inizi con il desiderio di far del bene ed aiutare gli altri e che ben presto, se non  immediatamente, ti dimostra quanto farà bene anche a te stesso”. Simone definisce Antas “una vera e propria famiglia”: “è un anno che ormai faccio parte dell’Associazione Antas Onlus, e mai pensavo potesse crearsi un gruppo così fraterno di Volontari dalle personalità più disparate e mai immaginavo di provare tanta soddisfazione ad impiegare il mio tempo nella pratica della clownterapia. Mi sento agli inizi di un percorso che non può che durare ancora a lungo e regalarmi tante magnifiche esperienze”. Roboris descrive il corso di clownterapia come “un mondo parallelo, collocato in una dimensione atemporale in cui ci si immerge per tre giorni, senza guardare mai, neanche per un minuto, l’orologio. Un mondo dove la conoscenza, prima ancora di avvenire attraverso il dialogo, avviene attraverso il corpo. La conoscenza dell’altro e ancor di più quella di sé”.
Alla domanda la clownterapia fa “miracoli”, gli operatori del sorriso di Antas non possono che rispondere di sì. Divertimento e risata rappresentano un potente supporto alla medicina tradizionale,  perché in grado di agire sul sistema nervoso di ognuno di noi, convincendoci che la vita è pur sempre un dono di cui essere fieri.